Appunti per un patriottismo inclusivo

 

Un patriottismo italiano favorevole alla pace, alla democrazia, e all’immigrazione, che si distingua nettamente dal nazionalismo antieuropeista, è possibile. L’obiettivo di questo testo è riflettere su un patriottismo ragionevole e adeguato al presente, descrivendone alcuni caratteri e argomentando in suo favore. Con a fondamento una specifica definizione di “identità italiana”.

 

 

In Italia, dalla nascita dello stato unitario fino a oggi, il diffondersi di un moderato e ragionevole patriottismo è stato frenato da una serie di ostacoli, ha visto l’opposizione di diverse correnti culturali. Innanzitutto, la Chiesa ha agito esplicitamente contro la formazione di uno stato e di una coscienza nazionali (per es., attraverso il “Non expedit” che dal 1874 ordinava ai cattolici di non partecipare alle elezioni politiche). In seguito, è stato il fascismo, che ha fondato le sue sciagure (la violenza politica, le leggi razziali, le sconsiderate dichiarazioni di guerra ecc.) su un nazionalismo fanatico e aggressivo, a ostacolare la valorizzazione dell’identità italiana nei decenni successivi alla Seconda guerra mondiale: dopo la caduta del regime il Paese è rimasto come traumatizzato, e ha smesso di distinguere il patriottismo dal nazionalismo, considerando il primo come premessa di nuove tragedie.

 

Successivamente, buona parte del mondo comunista ha combattuto il sentimento nazionale presentandolo come un prodotto degli interessi borghesi in funzione antiproletaria. Oggi, il patriottismo è messo in secondo piano da vari fattori: il progressismo estremo, che vede il cosmopolitismo come un bene e un destino per l’umanità; il consumismo, che distrae da ogni valore che non sia acquistabile; e l’europeismo ideologico, che sogna una nazione europea sostitutiva delle culture attuali.

 

L’azione di tutti questi fattori non ha impedito al nostro Paese di mantenere una cultura condivisa, ma permette di spiegare perché oggi la società italiana sia meno patriottica rispetto agli altri grandi paesi del mondo (come sostengono diversi studi scientifici, le culture nazionali europee e mondiali non sono sul viale del tramonto). L’Italia è ricoperta di inglesismi e di Tricolori sbiaditi, e la sua storia è in buona parte messa in secondo piano anche nelle scuole; è facile avere l’impressione che John Fitzgerald Kennedy sia conosciuto meglio di Alcide De Gasperi, e che l’Attentato alle Torri Gemelle sia ricordato con più coinvolgimento del 4 novembre 1918.  

 

Questo “spirito del tempo” può sembrare tutto sommato accettabile, ma in realtà ha degli aspetti negativi. L’amore per il proprio Paese, la consapevolezza di avere dei caratteri culturali comuni con i propri concittadini, promuove la solidarietà verso il prossimo, il rispetto per le istituzioni e le leggi, la volontà di tutelare la salute del territorio nazionale, e la disposizione a difenderne la libertà.

 

Il patriottismo è il più efficace avversario dell’individualismo, è ciò che spinge maggiormente a impegnarsi per fare il bene della propria comunità anche quando ciò non è immediatamente utile a sé stessi (su questi ultimi aspetti si è cercato di riflettere nei seguenti articoli: Sul valore dell'identità nazionale. Pensieri a partire da David Hume - Parte I e Parte II). Le società che valorizzano la propria identità sono più coese, come emerge anche da queste parole del professore universitario canadese Bernard Yack:

 

« Come hanno spesso dimostrato i ricercatori di psicologia sociale, anche le forme più arbitrarie e banali di condivisione sembrano essere in grado di generare forti sentimenti di legame con il proprio gruppo. Anche quando non c'è molto in gioco o ci sono poche ragioni per credere di dover agli altri un'attenzione particolare, sembra che tendiamo a sviluppare sentimenti di particolare preoccupazione e lealtà nei confronti delle persone con cui sappiamo di condividere qualcosa. » (Bernard Yack, Nationalism and the Moral Psychology of Community)

 

La cerimonia di tumulazione del Milite Ignoto al Vittoriano (4 novembre 1921)
La cerimonia di tumulazione del Milite Ignoto al Vittoriano (4 novembre 1921)

 

Quanto detto finora evidenzia l’importanza di un risveglio del patriottismo italiano, di uno slancio che inneschi qualcosa di simile a un nuovo “Risorgimento culturale”. Ma di quale patriottismo c’è bisogno nel nostro Paese? Sicuramente, bisogna stare alla larga da qualsiasi impulso guerrafondaio, autoritario, razzista, xenofobo o contrario all’immigrazione: questi caratteri appartengono soltanto al fanatismo nazionalista, a un patriottismo inautentico. Ora c’è bisogno di un patriottismo autentico, e quindi lucido, sostenibile, adeguato ai tempi: “inclusivo”.

 

Un patriottismo che sia innanzitutto ben consapevole di che cos’è l’“identità italiana”. Questa è una caratteristica strettamente culturale, spirituale, composta da una circoscritta serie di fattori: la capacità di parlare anche l’italiano; l’amore per il nostro Paese, la sua storia e il suo futuro; il sentirsi e pensarsi parte della comunità italiana, riconoscendosi in tutta una serie di simboli come gli inni, i monumenti, le date decisive. È evidente che l’“italianità” non richiede delle specifiche caratteristiche corporee (per es., uno specifico colore della pelle), un determinato luogo di nascita, o una certa religione: sarebbe chiaramente inaccettabile sostenere che Garibaldi, dato che era nato a Nizza ed era ateo, non era italiano; o che la religione islamica è incompatibile con la nostra cultura; oppure che la cerimonia di tumulazione del Milite Ignoto non fu un evento decisivo per la storia nazionale perché si decise (in onore alle minoranze) di non darle connotazione religiosa. Essa è una caratteristica dell’anima, e nemmeno troppo ingombrante.

 

Se questa è l’“italianità”, il patriottismo non consiste nel disprezzare tutto ciò che non è casa nostra, ma nella ferma convinzione di dover difendere gli interessi del Paese, e nel desiderio di promuovere la nostra identità nazionale; un sentimento non fondato su un ideologico attaccamento alle tradizioni, ma sull’idea che la presenza di un’identità condivisa nella società è causa di solidarietà e progresso. Patriota è colui che si impegna per il Paese e la sua cultura, nient’altro.

 

Non sono pochi coloro che considerano la parola “Patria” come il riflesso di simpatie guerrafondaie, autoritarie, o esclusive, ed è per questo che un sano patriottismo fatica ad affermarsi. Si tratta di un sospetto comprensibile, dati i danni prodotti dal fascismo, ma non del tutto condivisibile. Un “Risorgimento culturale” non ostacolerebbe il mantenimento della pace con gli altri popoli europei e mediterranei, non promuoverebbe una volontà imperiale finalizzata a vedere il paese in costante espansione. Innanzitutto, perché si può amare intensamente il proprio paese senza odiare le altre nazioni (proprio come si può essere innamorati di qualcuno senza disprezzare il resto dell’umanità). Inoltre, perché la pace è nell’interesse del territorio, quindi il patriottismo porterebbe a lottare tenacemente per essa.

 

Essere patriota è pienamente compatibile anche con la democrazia e la difesa dei diritti umani. L’interesse per le sorti del Paese conduce non solo a partecipare alle elezioni con più coinvolgimento, ma anche a voler tutelare le libertà dei propri concittadini: la consapevolezza di condividere un’identità culturale, una lingua, con il vicino, rende ancor meno accettabile che venga messo a tacere, torturato o condannato alla miseria. Il patriottismo è democratico, perché la democrazia è il sistema politico capace di dare alla società il maggior benessere possibile.

 

Questo porta a sottolineare ancora un aspetto decisivo, soprattutto in un periodo storico in cui la decrescita demografica è il principale problema del nostro Paese. Il patriottismo, infatti, c’entra ben poco con il razzismo, la xenofobia, e l’esclusione sociale. Un autentico patriota sa che la nazione italiana è una comunità aperta: sa che l’“italianità” è costituita da una serie di caratteri culturali acquisibili da chiunque senza particolari difficoltà, indipendentemente dal luogo di nascita, dal riconoscimento legale della cittadinanza, dalla religione, dalla fisionomia e da altri caratteri secondari.

 

Un patriota non è interessato a dividere l’umanità in “razze” biologicamente distinte, e non si intimorisce di fronte alle persone che arrivano dal resto del mondo stabilendosi sul territorio: anzi, vede in questo un’occasione di mostrare la bellezza della propria storia, e di ingrandire la propria comunità con nuovi soggetti ed energie (soprattutto in un periodo di bassissima natalità). In Italia c’è bisogno di uno slancio inclusivo che valorizzi e diffonda gli elementi essenziali della cultura nazionale (che non sono molti, e sono compatibili con tradizioni diverse), perché questo è il modo più efficace di integrare i nuovi arrivati, di sconfiggere le tendenze discriminatorie e divisive che aumentano di giorno in giorno.

 

Una foto del corteo del 23 dicembre 2023 a Monfalcone (Gorizia), dove migliaia di musulmani hanno manifestato pacificamente contro la decisione del sindaco di chiudere i luoghi di culto della città
Una foto del corteo del 23 dicembre 2023 a Monfalcone (Gorizia), dove migliaia di musulmani hanno manifestato pacificamente contro la decisione del sindaco di chiudere i luoghi di culto della città

Oltre a essere moderato, democratico, inclusivo, un “Risorgimento culturale” adeguato ai tempi sarebbe anche europeista. Non nel senso che mirerebbe alla costruzione di una nazione continentale sostitutiva delle culture attuali (il che sarà impossibile almeno per qualche secolo), ma nel senso che promuoverebbe lo sviluppo di una fratellanza, di un senso d’appartenenza e di un’identità europei (per es., attraverso la valorizzazione della bandiera e dell’inno europei, e la diffusione di una seconda lingua condivisa); perché questi sono i fondamenti di una strategia politica e difensiva comune che è necessaria al Vecchio Continente per mantenere indipendenza e sicurezza. Anche su questo punto, nazionalismo e patriottismo si distinguono nettamente, nonostante vengano considerati entrambi pericolosi, come se fossero due realtà sostanzialmente identiche.  

 

Ma il patriottismo non è sempre stato pericoloso, e lo mostrano tutti i benefici che ha portato in passato. Non è innanzitutto per la “Patria” che hanno lottato Mazzini, Garibaldi, e tutti gli eroi del Risorgimento, grazie ai quali la penisola è uscita dalla condizione di divisione, arretratezza, e sottomissione? Non è stato il sentimento nazionale che ha dato forza a moltissimi fanti nelle trincee, e che ha compattato il Paese durante l’avanzata austriaca successiva alla sconfitta di Caporetto? E non è anche a causa del loro patriottismo che i partigiani (compresi quelli comunisti, organizzati nei “Gruppi di Azione Patriottica”) hanno combattuto eroicamente contro l’invasore nazista, guidati da un “Comitato di Liberazione Nazionale” che aveva per simbolo proprio il Tricolore? Tutto questo era chiaro ai Padri costituenti che, privi di simpatie autoritarie o istinti guerrafondai, inserirono in Costituzione anche l’Articolo 52 (l’unico in cui si richiama una dimensione sacrale) che afferma: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”.

 

In questi e altri modi si è espressa in passato la volontà di tutelare la nostra libertà, la nostra cultura, ma oggi come può esprimersi tale slancio? In particolare, come si può valorizzare l’identità italiana? Le azioni che oggi possono concretizzare un “patriottismo inclusivo” sono numerose. Una prima azione possibile riguarda la nostra lingua. L’italiano è ciò che fonda nel modo più potente la somiglianza e la solidarietà tra i membri della comunità, è ciò che accende con più efficacia il senso di appartenenza: l’Italia è innanzitutto la lingua di Dante. Quindi, patriottismo significherebbe desiderio di utilizzare correttamente l’italiano, e di renderlo oggetto d’amore in ogni angolo del Paese. Un desiderio in contrasto con un’abitudine ormai diffusa, una moda inutile che avanza in modo sempre più pervasivo anche all’interno del mondo culturale e delle istituzioni: l’abitudine di sostituire parole italiane con termini inglesi, di pronunciare o scrivere parole anglofone al posto di termini nazionali che hanno lo stesso significato.

 

Un’altra misura che potrebbe costituire un “Risorgimento culturale” è la seguente: alimentare, rafforzare il senso di appartenenza su tutto il territorio; così, senza mai cadere nel nazionalismo aggressivo, promuovere un’attività educativa che comprenda sempre un’analisi approfondita della cultura, della storia, e delle caratteristiche geografiche nazionali (oltre che europee). Questo sforzo, se lucido e consapevole di cosa è davvero “italianità”, produrrebbe inclusione e solidarietà.

 

Una terza azione possibile: prendersi maggiormente cura dei simboli nazionali, perché questi animano, legano. Quindi, attenzione al fatto che i Tricolori siano sempre integri e vivaci, e non strappati e sbiaditi, in particolare sopra sedi istituzionali, monumenti, e luoghi storici. Ma anche cura dell’Inno (che negli ultimi anni è stato spesso eseguito con modifiche soggettive, o messo in discussione), fino all’ipotesi di farlo cantare una volta all’anno nelle scuole (eventualmente insieme a quello europeo): quale effetto potrebbe avere se non quello di far sentire tutti più uniti al prossimo e al territorio? Infine, ricordo dei grandi eventi e personaggi della storia celebrando adeguatamente le ricorrenze.

 

F. W. Schwarz, Ingresso di Garibaldi a Napoli il 7 settembre 1860
F. W. Schwarz, Ingresso di Garibaldi a Napoli il 7 settembre 1860

 

C’è un’ultima misura da considerare, particolarmente radicale e faticosa. Cioè combattere il cronico disprezzo di sé che affligge il nostro Paese, l’eccessiva umiltà che si respira ovunque; questo stato d’animo alimenta un profondo senso di inferiorità nei confronti degli altri paesi occidentali (da cui la grande diffusione di inglesismi, molto più rari nel resto d’Europa), e la difficoltà a intraprendere una politica estera autonoma. Patriottismo oggi, senza alcuna simpatia per razzismi vari o ridicoli sensi di superiorità, significa alimentare un po’ di sano orgoglio nazionale, un po’ di speranzosa autostima, perché senza questi è impossibile agire efficacemente.

 

Un “Risorgimento culturale” non può che fondarsi sulla consapevolezza di che cos’è il nostro Paese. L’Italia ha secoli di storia, è erede di una delle civiltà più straordinarie mai esistite, ed è madre del Rinascimento. L’Italia cammina su un territorio di enorme bellezza artistica e naturale, e anche per questo rimane una potenza economica. L’Italia è la terra di innumerevoli persone di differente periodo storico, schieramento politico, età, professione, religione, genere, orientamento sessuale che hanno agito per il bene dell’umanità; è la terra di grandi protagonisti della storia mondiale come Dante, Michelangelo, Galileo Galilei, e Garibaldi. L’Italia è stata fondata dall’azione di moltissimi eroi che si sono sacrificati per difendere la sua libertà, di cui sono massimi esempi i protagonisti del Risorgimento, i soldati della Grande Guerra, e i combattenti che si sono opposti all’occupazione nazista. Un patriottismo ragionevole, europeista, inclusivo, un patriottismo che sia erede di quello diffuso nei momenti appena citati, è uno strumento necessario per realizzare libertà e progresso.

 

14 ottobre 2024

 








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