Viviamo in un secolo in cui si è sempre più tentati ad agire usando il comodo e il facile come criteri. Un atteggiamento che il filosofo Walter Friedrich Otto nel ‘900 spiegava come una paura di essere esposti al reale. Perché acquistare in un negozio fisico quando posso ordinare online? Perché sudare quando posso accendere il condizionatore? Perché presentare una cruda realtà ai miei figli quando posso mentire? Forse un motivo c’è.
Nei Contributi alla filosofia (Dall’evento) Heidegger coglie l’Essere come Evento. La storia del pensiero occidentale viene ricompresa come l’accadere dell’Essere come Evento, e più in particolare come l’accadere della sua dimenticanza. L’epoca della tecnica è il compimento di questa dimenticanza, poiché mentre regnano la spiegabilità e la fattibilità di tutto, dell’Essere non ne è più nulla. Heidegger annuncia però un “altro inizio”; il pensiero deve operare una trasformazione radicale che lo porti a disporsi all’ascolto dell’Essere piuttosto che al dominio incondizionato dell’essente.
In un mio precedente articolo dedicato ad alcune questioni relative all’IA, criticai in modo provocatorio le affermazioni di Platone, contenute nel Fedro, relative alla scrittura. Mi sono tuttavia reso conto del fatto che la questione della scrittura in Platone non possa essere liquidata ad una “svista intellettuale”, vi sono invece degli aspetti – messi in risalto dalla scuola di Tubinga-Milano – che non possono essere trascurati quando si riflette circa le posizioni di Platone sulla scrittura. In queste righe intendo tracciare alcuni aspetti fondamentali del problema della scrittura in Platone, mettendo in luce come, la sua analisi, non possa essere risolta in un ‘errore tout court’ come sostenni (seppur in un contesto e in un senso ben preciso) nel mio articolo sull’IA.
François de la Rochefoucauld è un filosofo per tutti e per nessuno. La sua scrittura, semplice e diretta, racconta di noi: dei nostri vizi, delle nostre debolezze. Ma è proprio questa franchezza, che non conosce mezze misure, a suscitare un fastidioso disagio e a rendere il moralista francese un pensatore difficile da “digerire”. Il maggiore problema non è la comprensione delle sue massime, ma il riconoscersi in esse. In questo contributo si fornirà un piccolo assaggio dello stile di La Rochefoucauld con l’analisi di una delle sue sentenze più celebri: «Né il sole né la morte si possono guardare fissamente».
di Simone Perrone
Il presente contributo presenta, in maniera telegrafica, un’interpretazione non molto usuale, nella storiografia contemporanea sul buddhismo antico, ma non gratuita, come si dimostrerà con riferimenti ai testi originali, circa un possibile modo d’intendere l’Assoluto all’interno della cornice filosofico-religiosa del buddhismo pāli.
di Sara Ricci
Il 14 agosto 2024 è stata pubblicata su Disney+ la terza stagione della celebre serie statunitense The Bear. Il protagonista, lo chef stellato Carmy Berzatto, è tra le più accurate rappresentazioni dell'incarnazione fisica di un'ossessione. Come lui, ricordiamo altri memorabili protagonisti, tra cui Nina Sayers ne Il cigno nero (2010), Andrew Neyman in Whiplash (2014), Lou Bloom in Nightcrawler (2014), e molti altri. Questi personaggi sono la personificazione di una sublimazione del desiderio di riuscita. Ma l'ossessione è da considerarsi una cosa non sana?