di Marco Morrone


L’èra pandemica è stata scandita dall’obiezione: “La tua libertà finisce dove inizia la mia”. La richiesta di riconoscimento della piena autodeterminazione individuale, della più ampia libertà di scelta, sollevava l’immediata contestazione, un supposto principio universale da rilanciare in ogni luogo – fisico, virtuale, mediatico. A distanza di anni da quel tragico momento storico, proveremo a verificare la tenuta logica dell’obiezione espressa, la cui validità sembra ancora oggi indiscussa.



di Francesco Pietrobelli


Pubblicato nel 1966, Della miseria nell’ambiente studentesco di Mustapha Khayati (da poco riedito in Italia da Ibex Edizioni) è un pamphlet rivoluzionario, centrale negli sviluppi che hanno portato al maggio francese del ’68. Una critica serrata al sistema universitario dell’epoca, nonché al funzionamento complessivo di una società immolata al consumismo e al profitto, ma dimentica dell’uomo.



di Giuseppe Montana


La Peinture du moi è un'impresa letteraria originalissima. Nei meandri impolverati del suo io, tra le pieghe nascoste della sua personalità, Montaigne porta ad espressione con spontaneità e umiltà i suoi vissuti e, raccontandoci di lui, parla anche di noi, disegnando un penetrante ritratto della forma generale dell'umanità. Del suo lavoro di scavo dell'esperienza concreta, rappresentato splendidamente dagli Essais, il presente lavoro intende mettere a fuoco il tema dell'amicizia.



di Salvatore Grandone


Come fanno i tiranni a prendere il potere? Perché molti popoli rinunciano volontariamente alla propria libertà per sottomettersi all'imperio dell'Uno? « Vorrei capire – dice Etienne de La Boétie – come sia possibile che tanti uomini, tanti paesi, tante città, tante nazioni, a volte sopportino un solo tiranno, che non ha altra potenza se non quella che essi gli concedono ». Con il nostro filosofo comprenderemo la genesi e la logica del potere tirannico.



di Francesco Marcello


Affrontare le grandi questioni etiche e sociali da una prospettiva estetica è l’approccio ricorrente che Stefano Zecchi si è dato, facendo proprio il dostoevskiano “La bellezza salverà il mondo”. “Il sole di Apollo è tramontato sulla cultura moderna, più nulla di vero sembra poter essere attestato dalla poesia, dalla musica, dalle arti figurative. Siamo tutti in attesa di un ritorno liberatore, ma non è Apollo che aneliamo, bensì Dioniso, ci è rimasta la nostalgia per la sua promessa di rinascita.” La provvisorietà della scienza, l’approccio fallibilista, sono l’antitesi della “via estetica”?



di Giovanni Zuanazzi


Meister Eckhart ha valorizzato il tema della nascita di Dio (o del Verbo) nell’anima del credente: questa idea è il centro del suo pensiero teologico e spirituale. Secondo Michel Henry sarebbe però un errore considerare questa riflessione solo come appartenente alla «mistica». In realtà, il tema della «filiazione divina» ha un profondo significato ontologico.




In Chi ha ucciso Anna Karenina? Inchiesta sugli omicidi bianchi nei romanzi dell’Ottocento (minimum fax, 2024), la studiosa di Letteratura inglese e comparata, esperta della questione dell'identità e della scrittura femminile, nonché presidente italiana della Italian Virginia Woolf Society Nadia Fusini, avvia – come suggerisce il titolo – una vera e propria indagine su quelle che lei definisce ‘’morti bianche’’ nel romanzo dell’Ottocento. Sì, perché ad essere prese in causa sono le vicende di Anna Karenina (Tolstoj), Hedda Gabler (Ibsen), Effi Briest (Fontane), Emma Bovary (Flaubert) e tante altre donne notoriamente accomunate dal loro destino tragico e radicale. Che sia per malattia mortale o per mano propria, la morte prematura (fisica o di spirito) sembra essere inevitabile nelle vite di queste donne, e – sostiene Fusini – è un essenziale atto d’accusa precursore di una rivolta che non si ferma all’esperienza individuale, ma ne dimostra la matrice rivoltosa e rivoluzionaria in senso molto più ampio.




Il tempo è agli sgoccioli. È necessario cercare delle soluzioni radicali alla crisi ecologica incombente che minaccia tutti: perché, come insegna K. Saitō, è importante congiungere comunismo e decrescita?



di Michele Rossi


Mentre Trump cerca di inghiottire la Groenlandia, calpestare l'Europa e avviare una pulizia etnica a Gaza, è sempre ammirevole l'impegno della stampa mainstream per ricordarci quale sia, nonostante tutto, il vero nemico. Con l'Incursione di oggi esploriamo i meandri della sinofobia occidentale attraverso un caso concreto: una storia di orientalismo, militarismo e candeline di compleanno esplosive, alla scoperta dell'immagine della Cina di cui l'Occidente è da sempre innamorato.



CREARE SE STESSI CON BERGSON

di Salvatore Grandone


Stanchi di frasi motivazionali preconfezionate e modelli di successo imposti dalla società? Henri Bergson ci invita a ripensare il concetto di crescita personale. Non si tratta di scalare vette di produttività, ma di un viaggio interiore verso la creazione di sé. Liberiamoci dalle abitudini e dagli automatismi che ci ingabbiano, per riscoprire l’io profondo.



di Francesco Pietrobelli


Non è il solito slogan populista, ma il concetto centrale del Manifesto per la soppressione dei partiti politici di Simone Weil, pubblicato per la prima volta nel numero 26 della rivista La Table Ronde del febbraio del 1950, a sette anni dalla morte dell’autrice. Un concetto che, sviluppato nella prima metà del Novecento, tutt’ora risulta estremamente penetrante: in un mondo in cui la politica continua a deludere, dove sempre meno gente vota e si fida dei politicanti – sempre più interessati ai voti durante la tornata elettorale, sempre meno propensi a rispettare le promesse una volta eletti. E così, l’elettore medio, dopo aver riposto la fiducia in svariati partiti, all’ennesima delusione rinuncia del tutto a votare, a utilizzare il suo potere politico. Se, però, il problema non fosse, appunto, il tipo di partito scelto o l’incapacità politica del singolo governo, ma il sistema partitico in sé? Se fosse da ripensare daccapo il modo in cui viene strutturata la vita politica? Proviamo a ragionarci assieme a una delle più grandi filosofe del secolo scorso, Simone Weil.



di Francesco Giosuè

Non c’è dubbio: Rousseau fu l’autore più letto del Settecento, ma anche quello che suscitò il maggior dibattito e che attirò le critiche più feroci. Nel 1755 dopo aver letto il suo Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini, Voltaire lo accusò di «voler riportare gli uomini a camminare a quattro zampe» mentre Diderot lo definì un “malvagio eremita". Ma quali erano i motivi di quel dibattito e di che cosa era accusato esattamente Rousseau?






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