Chi ha ucciso Anna Karenina, Emma Bovary, Hedda Gabler? Risponde per noi Nadia Fusini

 

In Chi ha ucciso Anna Karenina? Inchiesta sugli omicidi bianchi nei romanzi dell’Ottocento (minimum fax, 2024), la studiosa di Letteratura inglese e comparata, esperta della questione dell'identità e della scrittura femminile, nonché presidente italiana della Italian Virginia Woolf Society Nadia Fusini, avvia  come suggerisce il titolo – una vera e propria indagine su quelle che lei definisce ‘’morti bianche’’ nel romanzo dell’Ottocento. Sì, perché ad essere prese in causa sono le vicende di Anna Karenina (Tolstoj), Hedda Gabler (Ibsen), Effi Briest (Fontane), Emma Bovary (Flaubert) e tante altre donne notoriamente accomunate dal loro destino tragico e radicale. Che sia per malattia mortale o per mano propria, la morte prematura (fisica o di spirito) sembra essere inevitabile nelle vite di queste donne, e – sostiene Fusini – è un essenziale atto d’accusa precursore di una rivolta che non si ferma all’esperienza individuale, ma ne dimostra la matrice rivoltosa e rivoluzionaria in senso molto più ampio.

 

di Sara Ricci

 

 

SR: Dalle domande introduttive con cui apre l’argomentazione del suo libro, che avviano immediatamente un importante processo di riflessione nel lettore, la sua scrittura inquadra subito il cardine di una vera e propria inchiesta, di un’indagine meticolosa su quelli che lei definisce ‘’omicidi bianchi’’ nel romanzo di fine Ottocento. Prima di entrare nei particolari, può introdurre in linea generale – a chi ci ascolta e non ha ancora sfogliato queste pagine – il tema di cui tratta? Cosa l’ha spinta a riconoscere questa analisi come necessaria per il panorama culturale contemporaneo?

 

NF: Nei romanzi di cui parlo in questo libro-pamphlet invito a una riflessione sulla condizione della donna protagonista di romanzi e testi importanti della letteratura degli inizi del Novecento. La letteratura, la grande letteratura, è in comunicazione diretta con la realtà… O almeno, a me interessa la letteratura non d’evasione, ma quella che descrive e rappresenta la realtà e ci aiuta a decifrarla in maniera profonda. E ripeto, non v’è dubbio che nei romanzi e testi di cui tratto è in atto una ricognizione dei cambiamenti che coinvolgono l’universo femminile.

 

SR: Le adultere’’ di cui lei scrive sono donne che ‘non si lasciano più definire dal matrimonio’’. Più volte nelle sue pagine inserisce il vincolo del matrimonio nel ‘vecchio discorso marxiano’’ ovvero in un limite in cui è evidente che le istituzioni operanti si presentano come ‘necessarie e naturali’’, poiché si impongono e sono presumibilmente incontrovertibili come le leggi della natura stessa, che coincide sempre con la cultura dominante. In questo senso, quando parliamo di Emma Bovary o Anna Karenina, potremmo inserirle – come lei scrive – nel discorso aristotelico del personaggio tragico. Ci spiega in che modo?

 

NF: Emma Bovary, Anna Karenina e le altre sono personaggi tragici, perché tragico è il loro destino. Anche se la struttura formale in cui agiscono non è tragica, non sono tragedie, ma narrazioni romanzesche, queste grandi protagoniste dell’immaginazione umana avanzano nel loro destino patendo le contraddizioni di una società che le condanna a un ruolo passivo. E impedisce loro una strada di libertà positiva.

 

SR: Presentare la donna infedele come eroe donna di questi romanzi potrebbe sembrare assurdo, per alcuni forse anche pericoloso, soprattutto perché nessuna di loro sopravvive alle circostanze in cui si cimenta. Ma lei ci spiega che la frattura causata dal tradimento in un secolo come l’Ottocento è quasi essenziale, in quanto – pur senza lieto fine – mette in crisi le ideologie correnti, percuote la stabilità rassicurante delle istituzioni e ha il potenziale di offrire una nuova visione delle cose sul mondo. Sarebbe un azzardo parlare di questi tradimenti come atti di rivolta e rivendicazione?

 

NF: È quello che implicitamente sostengo. Il tradimento di queste donne è soprattutto il tradimento di un ruolo che serviva nell’orizzonte del patriarcato a tenere la donna al suo posto di moglie e di madre senza altri ‘grilli’ per la testa, che quello di servire il padre-padrone. Quindi sì, sono atti di rivolta e di rivendicazione, anche se non tutti vissuti con l’esplicita consapevolezza politica e razionale del valore politico di tale gesto.

 

Nadia Fusini
Nadia Fusini

 

SR: In questo processo contro il patriarcato’’, come lo definisce, lei delinea il profilo dell’essere morale, e arriva a definire la trasgressione come sola condizione dell’autocoscienza etica. In questo senso, perché troviamo proprio Anna Karenina in cima alla classifica delle adultere / delle donne che si oppongono all’istituzione del matrimonio? Perché è lei, tra le tante eversive, a meritarsi il primo posto, quello della lucida prescelta e illuminata, il soggetto morale non passivo nel picco della consapevolezza?

 

NF: Anna è in cima alla scala perché la più cosciente, e la più tragica. Anna è in tutto e per tutto un soggetto morale. Ma lo è anche Nora, meno Effi Briest. Ma lo dico nel libro, nel libro motivo la mia classifica…

 

SR: Nella conclusione del libro lei risponde alle domande che si pone nelle prime pagine, constatando che sì, effettivamente sono stati gli uomini presenti nelle vite delle donne citate a renderle miserabili a tal punto da desiderare di raggiungere fisicamente e idealmente la morte. Ma queste donne, ci precisa perentoriamente, non sono martiri, anzi: sono vittime e allo stesso tempo assassine, in quanto nel loro atto estremo di rivolta (il loro mettere in discussione istituti secolari come il matrimonio e la famiglia) avviene la rivoluzione da loro auspicata. Nella morte, infatti, si avvia immediatamente un processo di cambiamento del modello femminile tradizionale. Vorrei concludere l'intervista con una prospettiva che si affaccia sul futuro, e voglio chiederle: se è vero che chi scrive è capace di creare e modificare la realtà in alcuni dei suoi aspetti cruciali, ad oggi esistono secondo lei autori (nostrani o stranieri) che riconoscono di avere tra le mani questa grande responsabilità? Se il romanzo di fine Ottocento ci dava un assaggio di una libertà che adesso è (più o meno) normalità per le donne, quale pensa possa essere (se esiste) la nostra prossima evoluzione culturale?

 

NF: Sì, per cambiare il mondo bisogna assumersi la colpa di dare la morte a certe istituzioni oppressive… Come dice la mia grande, insuperabile maestra Virginia Woolf: ‘‘Noi donne moderne’’, lei vive all’inizio del Novecento, ‘‘dobbiamo accettare la colpa di farci matricide; dobbiamo uccidere la ‘madre’ in quanto modello femminile’’. E noi donne di oggi nasciamo da quell’atto. Crimine, ripeto, compiuto per noi da quelle donne che hanno lottato per il suffragio femminile, e così via, vere e proprie eroi. (E uso ‘eroi’ perché non mi piace la parole ‘eroine’, che sminuisce il gesto eroico di donne che eroicamente ‘uccidono’ il modello dell’ “angelo del focolare”). Fortunatamente oggi noi possiamo non sporcarci le mani perché le nostri madri simboliche e reali lo hanno già fatto per noi. Noi viviamo in un mondo dove esiste il divorzio, dove esiste almeno teoricamente la parità di genere, e la licenza di aborto, eccetera eccetera… Ma dobbiamo essere consapevoli che c’è stato un cammino verso tali libertà, e che c’è il dovere di salvaguardare tali libertà, perché la regressione è sempre incombente…

 

17 gennaio 2025

 








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